La Guerra Anglo-Zulu del 1879 (2ª parte) – F. Nicolai
21 Ottobre 2007La Guerra Anglo-Zulu del 1879 (4ª parte) – F. Nicolai
21 Ottobre 2007Le costanti baruffe tra Britannici, Boeri (i discendenti degli antichi coloni olandesi) e i vari gruppi africani avevano portato a una incessante piccola guerra che aveva provocato un salasso sia per il Tesoro che per il Dipartimento di Guerra. Negli anni settanta, gli Inglesi tentarono di risolvere questi conflitti adottando una politica conosciuta come Confederation, la quale propose di unire i vari gruppi rivali neri e bianchi sotto una singola – britannica – autorità.
Nel 1877 Sir Henry Bartle Frere fu insediato in qualità di nuovo Alto Commissario del Sud Africa, con la espressa intenzione di realizzare la Confederation. Frere molto rapidamente divenne convinto che il regno zulù, l’ultimo regno nero indipendente potente e confinante con i possedimenti britannici, ponesse la più grande singola minaccia allo schema. Egli diventò ossessionato dall’idea che il re Cetshwayo fosse sotto un’onda di tumulto che stesse travolgendo la popolazione nera da un parte all’altra del Sud Africa, e cominciò una campagna di propaganda per aprire la strada all’intervento militare. Cetshwayo fu descritto come un “irresponsabile, sanguinario, sleale tiranno” ed i suoi guerrieri come ‘celibi, macchine trucida-uomini’. In questo periodo, peraltro, il Governo britannico era intrappolato in una crisi nei Balcani ed in una grave guerra in Afghanistan, ed era contrario ad una guerra in Africa. A Freere fu detto di trattare gli Zulù con uno ‘spirito di indulgenza’. La sua politica era troppo avanzata per lui da abbandonarla, peraltro, e si affrettò con i suoi piani. Nel marzo del 1878 il Tenente-Generale l’Onorevole Sir Frederic Thesiger – che diventò Lord Chelmfsford alla morte di suo padre nell’ottobre di quell’anno – prese il comando delle forze imperiali in Sud Africa, succedendo al Generale Sir Arthur Cunynghane. Chelmsford era d’accordo con Frere che una guerra con gli Zulù fosse inevitabile. Frere ora aveva i mezzi per portare avanti una guerra contro gli Zulù, e tutto ciò di cui aveva bisogno era un pretesto. Manipolando lo scarso sistema di comunicazioni fra Città del Capo e Londra, egli sperava di presentare al Governo un fatto compiuto.
Frere trovò la giustificazione che egli cercava nei resoconti di alcune violazioni minori di confine.
Questi incidenti furono di per sé innocui – in una occasione una piccola pattuglia di Zulù aveva inseguito alcuni fuggitivi oltre il fiume Mziniathi nel Natal e trascinati indietro nello Zululand; in un’altra funzionari coloniali che avevano deviato nello Zululand furono temporaneamente trattenuti come spie. Frere, tuttavia, valutò questi incidenti come prova delle intenzioni aggressive del regno zulù.
L’11 dicembre 1878 delegati del re Cetshwayo furono convocati ad un incontro al Lower Drift sul fiume Thukela, per accogliere i risultati di una commissione di confine che era stata arbitro in una disputa concernente le rivali rivendicazioni boere e zulù per una fetta di territorio lungo il fiume Ncome (Blood River). La Gran Bretagna aveva annesso la insolvente repubblica boera del Transvaal nel 1877 – con grande avversione di molti dei suoi abitanti – e questa disputa era stata strumentale nel dar forma all’atteggiamento di Frere nei riguardi della ‘minaccia’ zulù. Contrariamente alle sue aspettative, la Commissione aveva incontrato il favore degli Zulù, ma l’Alto Commissario aveva colto l’opportunità per fare le proprie conclusioni condizionali sull’approvazione zulù alle sue richieste. Queste includevano indennizzo per gli incidenti di confine, e, più seriamente, l’abbandono del sistema militare zulù. Se gli Zulù non avessero aderito entro trenta giorni, sarebbe stata la guerra. Le richieste erano impossibili, dal momento che colpivano al cuore il modo di vivere degli Zulù. Frere sapeva questo e vi faceva assegnamento. Comunque volendo re Cetshwayo poteva placare i Britannici ma la società zulù non poteva non opporre resistenza allo scioglimento improvviso del sistema militare. Il dado era tratto.
La strategia di Lord Chelmsford era modellata dalla sua necessità di proteggere il Natal ed il Transvaal da una possibile invasione zulù, mentre allo stesso tempo affrontare l’esercito zulù con sufficiente forza da distruggerlo. L’intento aggressivo era di ogni Inglese. Dal momento che il Governo non aveva autorizzato una campagna offensiva, le forze a sua disposizione era limitate. Sei battaglioni di fanteria erano già in Sud Africa ponendo fine alla guerra della frontiera del Capo con gli Xhosa o presidiando il Transvaal – il 2° btg./3° rgt., il 1° btg/13° rgt., il 1° btg. ed il 2° btg./24° rgt., l’80° rgt. ed il 90° rgt. – e un altro reggimento, l’88°, stava giungendo dalle Maurizius. C’erano due batterie d’artiglieria disponibili, la N della 5ª Brigata e l’11ª della 7ª Brigata della Royal Artillery; un’unica compagnia del Genio Reale; ed un ridicolmente piccolo staff addetto al trasporto, al quale l’enorme carico di garanzia che i viveri fossero trasportati nella scia dell’avanzata soleva venire a mancare. Non c’era cavalleria regolare, solamente due squadroni di fanteria a cavallo ed un manipolo di piccole unità di volontari prese tra la comunità residente. La vasta popolazione nera del Natal, per la maggior parte ostile agli Zulù, era una potenziale fonte di arruolamento, ma chiaramente la manodopera scarseggiava. Lord Chelmsford chiese al Governo rinforzi; ma il Ministero delle Colonie non sostenne l’atteggiamento guerrafondaio di Frere, e al Generale furono mandati solamente due ulteriori battaglioni di fanteria (il 2° del 4° Reggimento e il 99° Reggimento) e due compagnie del Genio Reale ( la 2ª e la 5ª).
Lord Chelmsford distribuì queste forze su cinque punti in cinque colonne lungo i confini del Natal e del Transvaal, che erano delimitati dai fiumi Thukela, Mzinyathi e Ncome. Egli aveva originalmente inteso che tutte e cinque le colonne convergessero sulla capitale zulù, oNdini (Ulundi), ma il suo piano portò ad un incubo logistico per il quale mancavano i mezzi per risolverlo. Alla fine, solo tre delle colonne (1, 3, 4) furono adoperate offensivamente, le rimanenti due (2 e 5) destinate a guardia contro le incursioni contrarie zulù. Lo Zululand era un paese vasto e difficile; copriva circa 15000 miglia quadrate, la maggior parte delle quali terreno ondulato che cadeva in una serie di terrazze dalle altitudini interne fino alla fascia subtropicale confinante con l’Oceano Indiano. Era ben irrigato, ma i suoi imponenti sistemi fluviali avevano scavato profonde gole (donga) sui loro passaggi attraverso le colline. Molta parte del territorio era ricoperta da boscaglia o foresta, larghi tratti non erano rappresentati da carte geografiche, e vi erano solo poche piste di carri mercantili per servire da strade. Il confine con il Natal era lungo più di 200 miglia, delimitato dai fiumi Mzinyathi (Buffalo River) e Thukela che potevano essere attraversati in una dozzina di punti dall’esercito zulù ma rimanevano proprio dei reali ostacoli alle più ingombranti truppe europee. La maggior parte della pioggia nel Natal e nello Zululand cade nei mesi estivi – dicembre, gennaio e febbraio. Nel 1878 l’intera regione stava soffrendo per una siccità; in aggiunta le ultime piogge stavano ritardando i raccolti, e c’era la possibilità che gli Zulù potessero essere sconvolti in una campagna estiva per il bisogno di raccogliere i prodotti della propria terra. Per questo motivo, Frere fissò la sua resa dei conti con Cetshwayo per dare a Chelmsford tutti i vantaggi di una campagna estiva.
La colonna laterale di destra (numero 1) era comandata dal colonnello Charles Pearson del 3° Reggimento di fanteria ‘i Buffs’, e si raccolse al Lower Drift, appena all’interno dalla foce del Thukela. La colonna numero 2, consistente in gran parte di truppe africane sotto il tenente colonnello Anthony Durnford del Genio di Sua Maestà, si doveva stabilire sul lato del Natal del Middle Drift del Thukela. La colonna centrale (numero 3) doveva fare la traversata dal suo magazzino di approvvigionamento alla missione di Rorke’s Drift sul Mzinyathi. Era comandata dal tenente colonnello Richard Glynn del 24° reggimento di fanteria, ma accompagnato dallo stesso generale, e fu destinata come principale armata d’urto. La colonna laterale di sinistra (numero 4) era comandata dal colonnello H. Evelyn Wood del 90° reggimento di fanteria leggera, e doveva attraversare il fiume Ncome nello Zululand dal Transvaal. La colonna finale, la numero 5, sotto il colonnello Hugh Rowlands, del 34° reggimento di fanteria, doveva rimanere più a nord sul confine del Transvaal, dove poteva tenere d’occhio non solo gli Zulù ma anche i Boeri ed i Pedi.
Il piano era essenzialmente uno, unico e ragionevole. Le tre colonne di invasione erano pensate ognuna per essere forti abbastanza da sconfiggere l’esercito zulù sul suo stesso territorio, mentre le due colonne di riserva riducevano notevolmente il rischio di un raid zulù contro le vulnerabili comunità residenti. Non essendo stato ricevuto alcun messaggio da Cetshwayo entro l’11 gennaio 1879, le colonne incominciarono ad entrare in territorio zulù, anche se le ultime settimane le truppe erano già avanzate in posizione e i rifornimenti si erano accumulati. Chelmsford sottovalutò il suo nemico (Foto a lato: Tenente-Generale Frederic Thesiger, 2° Barone Chelmsford, comandante in capo delle forze britanniche in Sud Africa).
Il re Cetshwayo non aveva voluto la guerra. Una volta che le truppe britanniche furono sul suolo zulù e attaccando poderi zulù, i suoi giovani guerrieri chiesero ad alta voce che si concedesse loro di combattere, ma egli proibì loro di attraversare il Natal, sperando che una guerra puramente difensiva avrebbe conseguito vantaggi politici.
Il re correttamente identificò la colonna centrale come la più solida fra le forze di invasione. La sua strategia era di utilizzare i guerrieri presenti nel territorio percorso dalle colonne laterali per cercare di infrangere la loro avanzata, mentre il principale esercito zulù era diretto contro la colonna centrale. A metà gennaio il re convocò il grosso dell’esercito composto da più di 20000 guerrieri a Ulundi. Cetshwayo non scese in campo in persona (una consuetudine per un re zulù con l’eccezione di Shaka), lasciando il comando al suo generale più anziano, il comandante Ntshingwayo kaMahole Khoza, ma in un’ultima parata dette ai suoi guerrieri i loro complessivi ordini: disse loro di marciare lentamente e non affaticarsi, e di evitare di attaccare posizioni trincerate. Essi dovevano spingere il nemico indietro attraverso il confine, ma per nessuna ragione inseguirlo. Il grande esercito marciò lontano con un animo coraggioso, convinto della sua invulnerabilità e determinato a lavare le proprie lance nel sangue del abeLungu, l’uomo bianco. Dal 20 gennaio i due eserciti si stavano avvicinando l’un l’altro. Chelmsford interpretò male la situazione, ed il 21 divise le sue forze, lasciandone una parte nel campo a Isandlwana mentre invece marciò fuori con l’altra. Come un ripensamento scribacchiò un appunto a Durnford chiedendogli di portare la sua colonna fino a dare appoggio al campo. Gli uomini di Durnford erano appena penetrati nel campo il 22 gennaio quando si imbatterono nel principale esercito zulù, e precipitò una battaglia che terminò con il massacro dei difensori del campo. La difesa del deposito a Rorke’s Drift
da parte di una singola compagnia del 2° battaglione del 24° reggimento di fanteria contro gli attacchi della riserva zulù non poterono oscurare la grandezza del disastro. Il piano iniziale di Chelmsford fu frantumato; nell’esito egli potè fare poco se non ripiegare nel Natal, cercare di puntellare le sue difese, e sperare che gli Zulù non lanciassero una supplementare incursione nel Natal.
Le colonne laterali furono lasciate isolate. Pearson era anche stato impegnato il 22 gennaio – aveva fatto fallire un tentativo zulù di bloccare la sua avanzata sulla colline al di sopra del fiume Nyezane – e aveva proseguito verso la deserta missione a Eshowe. Qui egli si dette completamente nell’attendere sviluppi, mentre gli Zulù si radunavano in numero crescente nelle colline attorno a lui ponendolo sotto assedio.
La colonna centrale e la numero 2 erano state effettivamente annientate, e ciò che rimaneva di loro era molto sulla difensiva. Solo la colonna laterale di sinistra di Wood fu in grado di agire offensivamente al nord. Una volta che il panico iniziale dopo Isandlwana si abbassò, divenne chiaro che non ci fossero nelle intenzioni zulù maggiori incursioni oltre il confine nel Natal e Chelmsford ebbe un periodo di grazia durante il quale riorganizzare le forze.
Il Governo, imbarazzato dalla tremenda sconfitta ad Isandlwana, cercò di ripristinare l’onore britannico inviando rinforzi in una quantità che mai Chelmsford aveva chiesto. Egli ricevette sei ulteriori battaglioni di fanteria (il 2° btg/21° rgt., il 57° rgt., il 58° rgt., il 3° btg./60° rgt., il 91° rgt. e il 94° rgt.); due complete batterie di artiglieria (la M e la N della 6ª Brigata); una compagnia del Genio Reale (30° rgt.); tre compagnie del Corpo d’Amministrazione dell’Esercito (la 3ª, la 4ª e la 5ª); e una compagnia del Corpo di Sanità dell’Esercito. Dove prima egli non aveva cavalleria fatta eccezione per ciò che poteva racimolare localmente, ora gli furono inviati il 17° reggimento (Duke of Cambridge’s Own) di Lancieri ed il 1° reggimento Guardie Dragoni del Re (King’s Dragoon Guards). In aggiunta c’erano reparti per rimpiazzare le perdite, forze di supporto multiformi, più dei contingenti della Marina Militare, e non meno di quattro generali di divisione. Questi rinforzi impiegarono diversi mesi ad arrivare sul suolo africano, peraltro, e nel frattempo Chelmsford dovette riprendere l’iniziativa strategica data la situazione di stallo.
Nell’immediata conseguenza di Isandlwana il re Cetshwayo aveva cercato di utilizzare la sua posizione di forza per negoziare una risoluzione politica della guerra ma era stato frustrato dallo sparpagliamento del suo esercito per ristabilirsi e dalla determinazione britannica a vendicare Isandlwana a tutti i costi. Da marzo fu chiaro dall’incremento dell’attività britannica che una nuova fase della guerra stesse per iniziare. Chelmsford mosse per soccorrere Eshowe. Ordinando ai suoi comandanti di fare attacchi diversivi lungo il confine per quanto potessero, attraversò il Thukela ancora una volta al Lower Drift, e il 2 aprile sconfisse una forza zulù inviata a confrontarsi con lui a Gingindlovu. Eshowe fu soccorsa il giorno susseguente, ed entro una settimana Chelmsford aveva riportato i suoi uomini nel Natal. Nel frattempo un’altra battaglia aveva avuto luogo all’altro estremo del paese. L’intero esercito zulù fu chiamato a raccolta a Ulundi a metà marzo. Il re doveva essere preparato per la guerra e decise che la colonna di Wood rappresentasse la minaccia più grande, essendo la reputazione di Chelmsford come antagonista bassa. Decise di inviare il principale esercito verso nord. Ancora una volta il comando dell’esercito fu affidato a Ntshingwayo con Mnyamana che lo seguiva in qualità di rappresentante del re; mancava il principe Dabulamanzi reduce dalla sortita priva di successo a Rorke’s Drift. Wood, nondimeno, aveva deciso di procedere ad un attacco, calcolando il tempo per appoggiare Chelmsford, sulla roccaforte-montagna zulù di Hlobane. L’attacco, il 28 marzo, si trasformò in una disfatta all’apparizione del grosso dell’esercito zulù. Il giorno successivo, comunque, la forza zulù attaccò il campo fortificato di Wood a Khambula, e fu respinta fuori dopo ore di intenso combattimento. La battaglia di Khambula, fu il punto di svolta della guerra. Gli Zulù criticarono duramente la confidenza che dopo Isandlwana gli Inglesi non fossero alla loro portata e che fossero stati severamente sconfitti. Fu chiaro al re ed ai suoi generali che la guerra non poteva essere vinta. Khambula fu della più grande importanza strategica. I vincitori di Isandlwana erano stati affrontati frontalmente e annientati. La fiducia britannica fu ripristinata mentre l’animo zulù crollò. Chelmsford era ora in condizione di iniziare la sua invasione di nuovo, impiegando la maggior parte delle sue nuove risorse. Il suo nuovo piano comprendeva un colonna molto più forte; nominò così la Prima Divisione (sotto il comando del maggiore-generale H. H. Crealock), avanzando dal Lower Drift fino ai bassopiani costieri. Una seconda colonna, la Seconda Divisione (sotto il comando del Maggiore-Generale Newdigate), doveva attraversare lo Zululand alcune miglia a nord di Rorke’s Drift e, costeggiando Isandlwana, tagliare per congiungersi all’unità esplorativa della vecchia colonna centrale. Lungo il percorso doveva simulare una congiunzione con la colonna di Wood, ora rinominata colonna volante. La prima divisione fu concepita in larga parte come supporto ad un attacco combinato con la seconda divisione e la colonna volante.
L’avanzata cominciò a maggio. Ci furono costanti scaramucce, ma l’esercito zulù non fu più coinvolto fino a che Chelmsford giunse a Ulundi il 4 luglio. Qui gli Zulù fecero il loro ultimo drammatico gesto di sfida. Più di 20000 guerrieri dal lato destro attraverso il regno si erano radunati per l’ultima grande battaglia. Attaccarono con grande coraggio, ma la loro causa fu persa prima che iniziasse. Dopo mezz’ora i loro attacchi si esaurirono ed il 17° Lancieri cacciò loro dal campo di battaglia, aggirando la ritirata zulù e mettendola in rotta. Chelmsord aveva disposto le truppe su un enorme rettangolo vuoto e vide con soddisfazione come le cariche zulù si scagliassero disperatamente contro il fuoco di artiglieria. La tattica degli Zulù di avanzare attaccando allo scoperto non aveva più efficacia nei confronti della moderna potenza di fuoco inglese.
Quando l’ultimo colpo di fucile fu sparato alla battaglia di Ulundi, l’esercito zulù, incoraggiato dalla grande vittoria ad Isandlwana all’inizio della guerra, ma demoralizzato dalla schiacciante sconfitta a Khambula, finalmente accettò di essere stato battuto e che la guerra era finita. Quel colpo finale era anche il culmine di due anni di frenetica attività politica mirata a sgombrare un ostacolo maggiore nel sentiero dell’avanzata dell’imperialismo britannico in Sud Africa.
La condotta di guerra di Chelmsford non fu priva di critiche ed il Governo alla fine perse la pazienza inviando il Generale Sir Garnet Wolseley per rimpiazzarlo. Ma Chelmsford aveva ottenuto la sua vittoria prima che Wolseley giungesse al fronte, il quale ebbe poco da fare oltre che supervisionare la cattura di Cetshwayo e sopprimere le ultime macchie di resistenza zulù. Cetshwayo fu catturato il 28 agosto dai Dragoni in un remoto nascondiglio nel nord dello Zululand e inviato in esilio a Città del Capo; all’inizio di settembre Wolseley pose un insediamento nello Zululand ed incominciò a ritirarsi. Alla fine del mese l’evacuazione fu completa.
Chelmsford ritornò in patria e fu accolto come un eroe conquistatore, sebbene non comandò mai più truppe in azione. Wood e Buller proseguirono le loro carriere con successo e spesero gran parte del tempo a combattere gli Africani in lungo e in largo per il continente. Buller fu umiliato dai Boeri durante i suoi tentativi falliti di soccorrere la città di Ladysmith nel 1900 (Foto a lato: Re Cetshwayo kaMpande).
Una volta che la vittoria era stata ottenuta, un nuovo governo inglese non ebbe rimorsi nell’abbandonare la politica della Confederation di Frere. Nessun tentativo fu fatto di annettere il territorio preso a costo di così tanto sangue. Invece questo fu frantumato in tredici piccoli regni e distribuiti fra la popolazione africana in modo da essere fedele al Regno Unito, al quale sarà annesso nel 1887. Entro pochi anni si dissolse in una guerra civile. Cetshwayo fu fatto uscire dall’esilio e datagli parte del suo stesso regno in un tentativo di restaurare l’ordine, ma fu sconfitto da Zibhebhu kaMapitha, che era diventato suo implacabile rivale. Morì nel 1884. Durante i successivi venti anni ci furono due ribellioni (1888: la ribellione realista nello Zululand guidata dal successore di Cetshwayo, Dinuzulu, sconfitto ed esiliato; 1896-97: la ribellione nello Zimbabwe ad opera degli Ndebele e i Mashona) mirate ad abbattere l’influenza bianca, ma entrambe furono soppresse crudelmente. Nel 1887, finalmente, il territorio zulù fu annesso alla Gran Bretagna e incorporato nel Natal nel 1897.
La potenza militare degli Zulù era stata distrutta, ed eccezion fatta per la ribellione capeggiata dal leader Bhambatha kaMancinza del clan Zondi nel Natal del 1906, che fu rapidamente e crudelmente piegata, non risorse mai più. I propri capi condotti o meno in Inghilterra furono fatti posare anche in abiti europei per foto grottesche che tanto ricordano quelle scattate in America alla fine della guerra con i Sioux che proprio un libro ha paragonato agli Zulù per la similitudine della loro tragedia. Isandlwana 22 gennaio; Rorke’s Drift 22-23 gennaio; Nyezane 22 gennaio; Eshowe 28 gennaio; il fiume Ntombe 12 marzo; Hlobane 28 marzo; Khambula 29 marzo; Gingindlovu 2 aprile; oNdini (Ulundi) 4 luglio. Queste le battaglie combattute tra i l’esercito zulù ed un’ampia coalizione afro-inglese.
In Parlamento, sulla caduta del suo Governo, il Primo Ministro britannico Benjamin Disraeli, alla notizia del disastro di Isandlwana, domandò: “Chi sono questi Zulù, chi è questo popolo proprio eccezionale, che sconfigge i nostri generali, converte i nostri vescovi e che ha insidiato il destino di una grande dinastia europea?”. Eccezionale, veramente, da aver affrontato il pieno potere dell’Impero britannico alla sua altezza, e vinto, se non la guerra, almeno qualche battaglia.