I Guerrieri Aztechi – V. de Sanctis
28 Ottobre 2007L’Organizzazione delle Artiglierie nel periodo napoleonico – B. Normanno
29 Ottobre 2007Russia, 5 dicembre 1812
Primi giorni di dicembre del 1812. La grande Armée si ritira. La spedizione in Russia si stà concludendo tragicamente: la Beresina era stata attraversata pochi giorni prima. All’Imperatore giungono cattive notizie anche dalla Francia: il 23 ottobre a Parigi era stato tentato un colpo di stato dal generale Malet, con l’aiuto di elementi monarchici ed alcuni bonapartisti che avrebbero preferito Napoleone destituito.
Il colpo di stato si basava su una falsa notizia: la morte di Napoleone avvenuta il 7 ottobre a Mosca. Questo avrebbe comportato secondo i golpisti la fine dell’Impero e la costituzione di un nuovo governo. La pignoleria del colonnello Doucet , aiutante del Comandante la piazza di Parigi, aveva impedito il successo della cospirazione. L’Ufficiale leggendo i falsi ordini presentati dal Malet, aveva trovato delle anormalità che lo avevano insospettito. Effettuato un controllo, scopre la verità. Il generale è arrestato insieme a molti dei congiurati; processato, è fucilato il 29 ottobre. Napoleone ne è informato con un rapporto addomesticato, cosa che non impedisce all’imperatore di infuriarsi. L’avvenimento dimostra che a Parigi le cose non funzionavano più bene.
La polizia era rimasta completamente all’oscuro del complotto, e lo stesso Ministro dell’interno Pasquier era stato arrestato dai congiurati. Il tutto aggravato dal fatto che il generale Malet già alcuni anni prima aveva cospirato e per questo avrebbe dovuto essere un controllato speciale.
Napoleone teme per l’incolumità dell’Imperatrice e del figlio e pensa di rientrare a Parigi. Non ha più alcuna fiducia nei propri funzionari che si sono dimostrati così poco efficienti. Vuole inoltre rendersi conto personalmente della situazione politica e desidera, con la sua presenza, rafforzare la propria posizione di Capo dello Stato fortemente intaccata dalle notizie delle recenti sconfitte militari.
Nel tardo pomeriggio del 5 dicembre l’Imperatore si trova a Smorgon, prende la decisione: convoca il Capo di Stato Maggiore Berthier prima, poi tutti i suoi Marescialli. Fa leggere il XXIX bollettino, appena stilato, in cui si parla per la prima volta di ritirata, dovuta esclusivamente alla inclemenza del clima e comunica la decisione di partire immediatamente per Parigi. In Francia potrà organizzare un nuovo esercito di 300.000 uomini per continuare la guerra. In sua assenza il comando dell’ Armée verrà assunto dal cognato Gioacchino Murat.
La partenza doveva essere tenuta segreta il più a lungo possibile: viaggerà in incognito sotto falso nome. Lo accompagneranno Caulaincourt, il Ministro Daru, il Maresciallo Duroc, l’Aiutante di Campo Generale Mouton conte di Lobau, i due segretari, un cartografo ed il chirurgo Yvan, oltre a Roustan e ad un interprete polacco.
Sarà un piccolo convoglio composto da tre carrozze e due carri per rendere più veloce l’andatura.
Alle dieci di sera del 5 dicembre Napoleone parte in direzione di Vilna in Lituania. Sulla carrozza dell’Imperatore, una dormeuse con i due sedili trasformabili in cuccetta, prende posto Caulaincourt. Dietro a cassetta salgono Roustan e l’interprete Capitano conte Wassonitz.
La scorta è affidata a due squadroni della cavalleria della Guardia, uno di cacciatori ed uno di lancieri polacchi al comando rispettivamente del generale Lefèbvre-Desnouettes e del colonnello Stoikowshy.
A Vilna intanto, nei giorni precedenti, era stato formato un corpo speciale al comando del generale Gratien, con il compito di andare incontro alla grande Armée in ritirata per proteggerne la marcia. Ne faceva parte anche una brigata di cavalleria napoletana, due squadroni del reggimento Veliti a cavallo e tre della Guardia d’onore, al comando del generale Florestano Pepe.
Il corpo si era accampato nel pomeriggio del 5 nel villaggio di Ochmjana, che si trovava sulla strada proveniente da Smorgon. Nella zona vi sono delle avanguardie russe ed intorno alle sei della sera un reggimento di Ussari ed uno di Cosacchi, con l’appoggio di due pezzi d’artiglieria, attaccano il villaggio. Ritengono, data l’oscurità, che le truppe accampate siano degli sbandati. I Russi, sorpresi prima dal fuoco intenso di un battaglione del 113° di linea francese, ma composto di Toscani, poi dalla cavalleria napoletana che li affronta con vigore, si sganciano allontanandosi velocemente nei boschi.
Intorno alla mezzanotte arriva nel villaggio la dormeuse, le altre carrozze sono rimaste indietro. L’Imperatore viene ricevuto dal generale Gratien che lo informa dell’attacco subito. Napoleone è preoccupato ed indeciso se ripartire subito o attendere l’alba, teme che i Russi possano aver bloccato la strada per Vilna. Sarebbe opportuno inviare delle pattuglie e perlustrare il percorso, ma considerando le pessime condizioni delle strade, quanto tempo impiegheranno? Dopo averne discusso con Gratien ed il suo Stato Maggiore, decide di rischiare: partirà subito.
La scorta è decimata, rimangono solamente 15 francesi e 36 polacchi, il freddo è stato fatale per molti. Li sostituirà la brigata napoletana.
Al momento della partenza, sono le due del mattino, gli squadroni con l’eccezione di una compagnia, che fungerà da avanguardia, circondano la carrozza. Fieri dell’alto compito affidato, hanno indossato la grande uniforme senza mantello, come prescrive il regolamento sulle scorte d’onore.
Il colonnello Lucio Caracciolo Duca di Roccaromana comanda i veliti, mentre il colonnello Ferdinando Sambiase principe di Campana è alla testa delle Guardie d’onore. I cavalieri avanzano al trotto con grande difficoltà, in alcuni tratti la strada è ricoperta da uno spesso strato di neve che rallenta notevolmente la marcia e mette a dura prova sia gli uomini sia i cavalli; il freddo è glaciale, la temperatura raggiunge i 20 gradi sotto zero. Il tessuto che ricopre i sedili e l’imperiale della dormeuse è diventato una lastra di ghiaccio. Napoleone si rivolge più volte al principe di Campana, che trotta alla destra della sua carrozza, per invitarlo ad indossare la pelisse ed il mantello, ma questo si schernisce sembrandogli il coprirsi un segno di debolezza.
Da Ochmjana a Vilna sono circa 40 Km e la carrozza vi arriva alle 10.00 del 6. Sono otto ore di viaggio tremendo che assottigliano ad ogni chilometro il contingente napoletano: Le prime vittime sono i cavalli che sfiancati stramazzano sulla neve. I cavalieri appiedati sono abbandonati a se stessi, ed a questo si deve l’alto numero di uomini, 101 Veliti e 162 Guardie d’Onore, che verranno fatti prigionieri dai Russi. I morti per il freddo ammontano a 43, la maggior parte di quelli che giungono a Vilna hanno arti congelati o quasi, tra gli altri anche i due colonnelli Campana e Roccaromana. Molti intirizziti si trascinano nelle casa della città e si affollano intorno ai camini ed alle stufe, esponendo al caldo senza alcuna precauzione le parti del corpo semicongelate, peggiorando così irrimediabilmente le loro condizioni.
Gli squadroni Napoletani sconfitti dal freddo glaciale, monati nell’organico e rimasti quasi senza cavalli, non sono più in grado di proseguire come scorta dell’Imperatore. Loro malgrado sono costretti a restare a Vilna. Nei giorni successivi saranno inviati a Koenigsberg.
Napoleone intanto dopo essersi rifocillato ed aver incontrato il Ministro degli Esteri duca di Bassano, riparte alla volta di Varsavia, dove giungerà il 10. Da qui sarà scortato prima da drappelli di Guardie d’Onore Toscane e poi fino ad Haynau dai Dragoni della Guardia Regia italiana. Il 14 è a Dresda. La sera del 18 a Parigi, dopo un viaggio di 2240 Km.