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Anche la nostra Nazione, allora divisa in tanti piccoli stati, ne fu influenzata e Napoleone Bonaparte ne approfittò per espandere l’egemonia transalpina nella nostra penisola.
Quando l’impero napoleonico raggiunse l’apogeo, quasi tutta l’Italia era sotto il controllo dell’Imperatore Corso, ad eccezione della Sardegna che era governata dai Savoia e della Sicilia i cui sovrani erano i Borboni. Il Regno d’Italia (creato nel 1805) comprendeva alcune delle attuali Regioni del centro-nord con l’esclusione della Toscana, del Piemonte e del Lazio che furono annesse direttamente alla Francia, mentre nel sud del nostro Paese fu creato il Regno di Napoli governato prima da Giuseppe Napoleone e poi da Gioacchino Murat cognato dell’Imperatore. Napoleone oltre ad essere stato l’Imperatore dei francesi fu anche il Re d’Italia, infatti, il 17 marzo del 1805 firmò l’atto di proclamazione e il 26 maggio dello stesso anno fu celebrata la cerimonia di incoronazione nel Duomo di Milano. Nei lunghi periodi di assenza del sovrano i poteri passavano nelle mani del Vice-Re Eugenio de Beauharnais (figliastro di Napoleone).
Fatta questa piccola premessa cerchiamo di capire come era strutturata la Guardia Reale Italiana.
Le origini di questo prestigioso Corpo risalgono al 1800 cioè quando con la seconda campagna di Napoleone in Italia nasce la 2ª Repubblica Cisalpina. Si decise allora, di dotare il nuovo Stato di una guardia, che avesse il compito di proteggere gli esponenti del governo, che aveva la sede a Milano.
A causa di problemi legati al bilancio, la guardia che fu creata non era completa, così fu costituita una “Guardia Provvisoria” composta da Ufficiali e Sottufficiali di due mezze brigate di Fanteria.
Nel 1803 dopo i comizi di Lione nasce la Repubblica Italiana con Napoleone Presidente, mentre la Vice-Presidenza viene affiata a Francesco Melzi d’Eril il quale istituì una nuova guardia utilizzando gli effettivi dell’ex Guardia della 2ª Repubblica Cisalpina con l’integrazione di alcuni uomini provenienti da reparti dei corpi della linea.
In seguito per dargli più consistenza furono aggiunte quattro compagnie di Granatieri, uno squadrone di Cacciatori a cavallo e un distaccamento d’Artiglieria. Così composta questa guardia risultava essere ancora provvisoria e soltanto nel 1803 ne venne creata una a ranghi ben più definiti ma ancora incompleta.
La denominazione di quest’ultima fu “Guardia del Presidente”; Napoleone informò il Melzi che avrebbe voluto al più presto il battaglione di questa Guardia a Parigi. Ricevuta questa disposizione il Vice-Presidente si adoperò utilizzando provvedimenti straordinari e d’urgenza affinché la guardia fosse completata quanto prima.
Con un decreto fu stabilito che a ranghi ultimati la guardia doveva essere composta da: due battaglioni di Fanteria uno di Granatieri e uno di Cacciatori, da due squadroni di Cavalleria uno di Granatieri e uno di Cacciatori, da una compagnia di Artiglieria Leggera e da un Treno di Artiglieria a cavallo. Complessivamente avrebbe dovuto raggiungere circa 1750 effettivi; quando questo avvenne, il Comando fu affidato al Generale Achille Fontanelli il quale fu coadiuvato dal Colonnello Teodoro Lechi Comandate del Battaglione dei Granatieri della Guardia e dal Generale Pietro Luigi Viani Comandante della Cavalleria della Guardia. Il numero effettivo dei quadri si raggiunse nel dicembre del 1803 e finalmente il battaglione dei Granatieri a piedi della Guardia partì con destinazione Parigi.
Quando il reparto raggiunse la capitale francese, fu accolto con calore dai commilitoni transalpini e Napoleone in persona passò in rassegna la Guardia italiana.
Per ordine di Napoleone tutta la Guardia del Presiedente fu rivestita e riarmata in modo da assomigliare alla Guardia Consolare tranne che per i colori delle uniformi (il blu francese fu sostituito dal verde colore nazionale della Repubblica Italiana) e dei galloni distintivi dei gradi (l’oro usato dai francesi fu rimpiazzato dal colore argento per gli italiani).
Nel dicembre 1804 Napoleone si incoronò Imperatore e nella primavera dell’anno successivo Re d’Italia.
Le ragioni politiche che avevano portato a far si che Napoleone si affermasse come l’uomo che aveva portando nella vecchia Europa una ventata d’aria nuova, nel neo nato Regno non si erano sviluppate come voleva l’Imperatore transalpino; decise così che per smuovere le coscienze dei nuovi sudditi si dovevano coinvolgere tutti le classi sociali iniziando da quelle più agiate; e fu così che la Guardia Reale come vedremmo in seguito fu composta sia da cittadini che provenivano da famiglie facoltose ma anche da persone comuni le cui origini erano più umili.
Con la nascita del Regno d’Italia, il nuovo sovrano decise, che la Guardia ora Reale doveva assumere una consistenza diversa da quella che fino ad allora aveva costituito il Corpo d’Elite della soppressa Repubblica Italiana. Ma i problemi organizzativi e i limiti militari che il neonato Regno, erano un ostacolo non da poco, considerando anche la scarsa tradizione nell’arte della guerra che avevano i sudditi italiani; infatti, ci furono molti casi di diserzione e di reticenza alla leva obbligatoria (in vigore già dal 1802); l’anno successivo fu migliorato il controllo da parte della Gendarmeria ed i risultati furono subito evidenti in quando diminuirono i sopraccitati casi di diserzione.
Il 20 giugno del 1805 con un decreto Napoleone stabilì la nascita della “Guardia Reale Italiana” basata su tre corpi: le Guardie d’Onore, i Veliti Reali e le Guardie della Linea. Come accadde già per la Guardia del Presidente gli uomini dei reparti di partenza di questo nuovo Corpo d’Elite provenivano dalla Guardia dell’ex Repubblica Italiana. Il progetto iniziale prevedeva che le Guardie d’Onore e i Veliti dovessero costituire l’intera Guardia e quindi sostituire gli uomini che avevano formato la Guardia del Presidente, i quali inizialmente furono impiegati per creare il Corpo delle Guardie della Linea che sarebbe stato soppresso nel giro di poco tempo; questo però non avvenne per due motivi: il primo perché questi soldati impressionarono in modo positivo il Re quando furono chiamati all’azione, inoltre ci furono delle difficoltà nel reclutare le Guardie d’Onore.
Per appartenere a queste ultime, infatti, i giovani aspiranti allievi avevano l’obbligo di avere requisiti tutt’altro che comuni; essi dovevano appartenere a famiglie altolocate che nella vita politica e sociale del Regno ricoprissero dei ruoli di primo piano e che comunque potevano permettersi di versare nelle casse del Corpo una retta annua di 1200 lire di Milano (una somma enorme per quei tempi), cifra che veniva poi rateizzata e corrisposta come supplemento mensile alla normale paga del giovane militare.
Questo reparto a ranghi completi raggiunse il numero di quattro compagnie (1ª Milano, 2ª Bologna, 3ª Brescia, 4ª Romagna) composta ciascuna di cento uomini divisi in sessanta cavalieri e quaranta fanti. La scuola dove erano formati gli allievi della Guardie d’Onore la possiamo paragonare ad un’odierna Accademia Militare, infatti, i giovani appartenenti a questo Corpo dopo due anni di ferma venivano promossi Sottotenenti e trasferiti in un Reggimento della Linea.
La Fanteria della Guardia era composta dai Veliti Reali e dalle Guardie della Linea che però avevano un diverso sistema di reclutamento; i Veliti come le Guardie d’Onore avevano l’obbligo di possedere dei requisiti molto particolari; oltre ad una condotta morale impeccabile dovevano avere un’età compresa tra i 18 e i 25 anni, un’altezza minima di 1,65 metri ed appartenere ad una famiglia benestante che potesse permettersi di versare una pensione annua nelle casse del Corpo pari a 200 Lire di Milano, le quali sarebbero state rateizzate e corrisposte come supplemento mensile alla normale paga. Possiamo equiparare l’Istituto di formazione dei Veliti ad un’attuale Scuola Sottufficiali, in quanto dopo due anni di ferma il Velita era promosso Sergente e trasferito quale Sottufficiale in un reparto della Linea nell’esercito del Regno. Il prestigio di appartenere al Corpo dei Veliti Reali era dovuto al fatto che questi uomini avrebbero prestato servizio alle dirette dipendenze del Re e che si sarebbero occupati della sua sicurezza. Con il decreto del 20 giugno 1805, Napoleone stabilì che il Reggimento dei Veliti sarebbe stato composto di tre battaglioni divisi in quattro compagnie di cento uomini, ma per problemi di reclutamento ne furono formati solo due; il primo di Veliti-Granatieri il secondo di Veliti-Cacciatori suddivisi rispettivamente in cinque e sei compagnie il cui organico nel 1807 fu portato da cento a centoventi uomini. Nel 1808 con un decreto del Principe Eugenio si riuscì a costituire il terzo battaglione, ma causa dei sopra citati problemi di reclutamento, fu composto da due sole compagnie, i cui uomini provenivano dalla 5ª compagnia dei Veliti-Granatieri e dalla 6ª compagnia dei Veliti-Cacciatori. In seguito, con una serie di decreti, il Vice-Re stabilì che il Reggimento dei Veliti doveva avere tre battaglioni composti da cinque compagnie di centoquaranta uomini ciascuna. Il primo battaglione fu denominato come in precedenza Veliti-Granatieri al secondo e al terzo gli venne cambiato il nome da Veliti-Cacciatori in quello più prestigioso di Veliti-Carabinieri. Nel 1810 fu decretato che l’organizzazione dei Veliti doveva essere come quella delle Guardie della Linea, cioè composta da due battaglioni di cinque compagnie per un totale di 1450 uomini.
Tra il 1811 e il 1812 la Guardia Reale Italiana raggiunse il massimo numero come organico. Anche i Veliti furono potenziati, infatti, ai due battaglioni fu aggiunta una compagnia reggimentale di Artiglieria composta da sessantotto uomini, due cannoni, quattro cassoni, una fucina da campo, cinque furgoni e cinquanta cavalli. Dopo la disastrosa campagna di Russia, che aveva visto il quasi totale annientamento dell’intera Guardia Reale, nel 1813 nonostante grandi difficoltà di reclutamento si riuscì a ricostituire il Corpo d’Elite del Regno e i Veliti furono presenti con un battaglione per la difesa del patrio suolo. Con la capitolazione di Napoleone, il Regno d’Italia fu conquistato dagli austriaci e il 1° giugno 1814 il Corpo dei Veliti Reali italiani veniva definitivamente sciolto per ordine del Feldmaresciallo Bellegarde.
Nonostante le Guardie d’Onore e i Veliti Reali fossero considerati “privilegiati”, poiché gli uomini che vi appartenevano provenivano da famiglie benestanti che potevano influenzare la vita sociale e politica del Regno, il reparto più prestigioso senza ombra di dubbio fu la Fanteria di Linea della Guardia. Il prestigio derivava dal fatto che nell’organizzazione dell’intera Guardia, il Corpo delle Guardie della Linea era il più anziano dei tre, in quanto la sua creazione risaliva all’epoca della 2ª Repubblica Cisalpina, vale a dire quando fu formata la Guardia del Governo. Questo reparto formato da due battaglioni di cinque compagnie ciascuna di cento uomini, era considerato l’equivalente della “Vecchia Guardia” francese; infatti, per far parte di questo Corpo d’Elite oltre ad una condotta irreprensibile si doveva prestare servizio per più di cinque anni in un Reggimento di Linea e di aver dimostrato di possedere qualità fuori dal comune oltre ad una disciplina ferrea.
Nel 1811 con il potenziamento della Guardia Reale anche la Fanteria della Guardia fu dotata di una compagnia di Artiglieria reggimentale con sessantotto effettivi e due cannoni. Nello stesso periodo furono cambiate le condizioni per il reclutamento; la statura minima fu portata ad 1,73 metri, si doveva essere di sana e robusta costituzione, si aveva l’obbligo di prestare servizio per almeno due anni nell’esercito ed infine aver preso parte ad una campagna militare. Quando iniziò l’invasione della Russia, le Guardie della Linea dimostrarono di possedere doti tutt’altro che comuni; fu uno dei pochi reparti della Grande Armée a rimanere compatto e quando entrò in azione si distinse per audacia e coraggio. Napoleone positivamente colpito dal comportamento avuto fino a quel momento da questo reparto della Guardia Reale, decise si cambiare il nome al Reggimento da Fanteria di Linea della Guardia in “Reggimento Granatieri”. Dopo la campagna di Russia si cercò di ricostruire il reparto, ma molti furono i problemi di reclutamento tanto che inizialmente furono trasferiti alcuni uomini dai Reggimenti della Fanteria di Linea, dalla Fanteria Leggera e da alcune compagnie dipartimentali della riserva. Con questi provvedimenti i soldati che si reclutarono non furono sufficienti nemmeno per formare un battaglione. Così si decise di estendere l’arruolamento, anche ai marinai del battaglione Cannonieri, alla compagnia Operai di Marina e si permise l’accesso al Reggimento anche ai civili che si presentarono volontariamente e che avessero i già noti requisiti. Partecipò attivamente alla difesa del Regno e solo dopo la conquista di Milano da parte degli austriaci, il Reggimento Granatieri fu sciolto (31 maggio 1814).
Il Reggimento Coscritti della Guardia fu l’ultimo Corpo della Fanteria ad essere creato con un decreto dello stesso Napoleone nel 1810. Formato da due battaglioni di cinque compagnie, questo reparto era il terzo Reggimento della Fanteria della Guardia Reale.
Il reclutamento dei suoi effettivi fu relativamente molto facile, poiché i soldati provenivano direttamente dalla coscrizione; nonostante ciò a loro era richiesto l’obbligo di possedere particolari requisiti fisici e morali ma a differenza delle Guardie d’Onore e dei Veliti potevano non appartenere ad una famiglia agiata. Data la giovane età degli appartenenti a questo Corpo d’Elite, il reparto potrebbe essere paragonato alla “Giovane Guardia” francese. Nel 1811 il Reggimento fu dislocato a Cantù insieme ad altri Reggimenti della Guardia e venne rinforzato da una compagnia di Artiglieria reggimentale. Anche se composto da soldati molto giovani con poca esperienza sul campo, quest’ultimi dimostrarono di possedere grandi doti militari. Ne abbiamo una prova quando iniziata la campagna di Russia gli uomini di questo reparto ebbero la possibilità di mettere in pratica l’ottimo addestramento ricevuto in Italia, che unito ad un’audacia e ad un coraggio fuori dal comune diedero la gloria all’intero Reggimento. Quando la Grande Armée arrivò a Mosca, il terzo Corpo d’Elite della Fanteria della Guardia Reale Italiana, entrò in città con quasi tutti gli effettivi, dimostrando di possedere quella disciplina che contraddistingueva la Guardia dagli altri reparti. Per premiare il comportamento avuto fino ad allora dagli uomini che vi appartenevano, Napoleone decise di cambiare il nome del Reggimento da Coscritti della Guardia in quello più prestigioso di “Reggimento Cacciatori della Guardia”. Nel 1813 dopo l’infausta campagna di Russia come altri reparti fu quasi annientato nella disastrosa ritirata. Ricostruito su quattro battaglioni partecipò alla campagna per la difesa della Patria. Con l’abdicazione di Napoleone e la conquista da parte degli austriaci del Regno d’Italia il Corpo fu sciolto.
Per concludere voglio ricordare alcuni episodi in cui la Guardia Reale Italiana si è distinta dimostrando di non essere seconda a nessuno:
nel 1805 il Reggimento delle Guardie della Linea prese parte alle campagne di Ulma e Austerlitz dove venne inquadrato nella Divisione della Guardia Imperiale; nel 1806 sotto il comando del Generale Lechi il battaglione dei Cacciatori a piedi della Guardia e il battaglione dei Veliti-Cacciatori furono dislocati in Dalmazia per appoggiare le truppe francesi contro le formazioni russo-montenegrine.
In questa campagna molti furono gli episodi in cui la Guardia Italiana ebbe modo di dimostrare il proprio valore; senza ombra di dubbio la battaglia nella contea di Polgizze fu sicuramente il momento più glorioso; infatti, dopo una marcia forzata il Generale Lechi portò la Guardia sul luogo dove erano sbarcate le truppe russe e montenegrine. Polgizze fu presa con un impeto tale che gli sfortunati nemici furono travolti dalla furia della Guardia, la quale senza riprendere fiato dopo la lunga marcia attaccò gli avversari ponendo velocemente fine alla battaglia tanto che le truppe francesi accorse in aiuto degli italiani non ebbero la possibilità di sparare neanche un colpo di fucile; nella sventurata campagna di Russia la battaglia dove la Guardia si distinse fu quella nei pressi della cittadina di Malojaroslavetz che fu definita “la battaglia degli italiani” dove sedicimila soldati del Regno d’Italia riuscirono a battere ottantamila russi guidati dal Generale Kutusoff. In questa vicenda fu decisivo l’intervento dell’intera Guardia Reale Italiana, che spostò le sorti della battaglia a favore della Grande Armée. L’episodio più epico fu sicuramente quello in cui si rese protagonista il Reggimento Cacciatori; quest’ultimo sotto il comando del Colonnello Peraldi riuscì a respingere con un formidabile assalto all’arma bianca i russi che erano giunti alle porte della cittadina. Presi dallo slancio i Cacciatori cercarono di conquistare alcune ridotte del nemico che contrattaccò facendo ritirare il reparto. Grazie all’abilità del Colonnello Peraldi il suo battaglione si riorganizzò e insieme ai Granatieri della Guardia passarono alla controffensiva, travolgendo i russi e costringendoli alla ritirata, lasciando così che gli italiani diventassero i padroni del campo; con la caduta del Regno, suggestivo fu l’episodio in cui gli uomini dei due battaglioni dei Granatieri della Guardia, consegnarono le Aquile ricevute da Napoleone al Generale Teodoro Lechi, bruciarono le aste e i drappi delle bandiere, si divisero le ceneri e le mangiarono mescolate alla zuppa del rancio; con questo gesto vollero dimostrare di aver tenuto fede al giuramento fatto quando entrarono a far parte del prestigioso Corpo.
Durante la mia ricerca mi sono entusiasmato nello scoprire lo spirito di corpo, la disciplina e la determinazione dei soldati che hanno composto i Reparti della Guardia Reale Italiana e spero di aver trasmesso a chi legga questo scritto la stessa emozione. Mi auguro inoltre che quest’articolo possa essere fonte d’ispirazione per qualche amico del Club appassionato e non dell’epopea napoleonica, per realizzare qualche figurino o perché no anche di una scenetta, in modo da ricordare così gli uomini che militarono nella Fanteria Guardia Reale Italiana. Per non far “torto” agli amanti delle truppe a cavallo, vi prometto che non appena avrò recuperato il materiale storico e iconografico sufficiente, scriverò un articolo sulla “Cavalleria della Guardia Reale Italiana”.