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Trafalgar, 1805 – R. Larocca
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Trafalgar 1805 – Rocco Larocca

Egli sapeva che, per batterla, aveva bisogno di alleati e di navi; a tale scopo, cercò di creare un’alleanza per conto proprio, ma la vittoria ottenuta dalla Royal Navy nella battaglia di Copenhagen nell’aprile del 1802 fece naufragare il progetto: tuttavia, sperava di riuscire a controllare i porti d’Europa tramite accordi od occupandoli; in tal modo, pensava, avrebbe avuto le basi dove raccogliere una flotta multinazionale, negando allo stesso tempo agli inglesi gli accessi commerciali al continente.
Contemporaneamente, manovre navali verso l’Egitto avrebbero attirato in quelle acque il grosso della Royal Navy, offrendogli l’ occasione per inviare velocemente attraverso la Manica una flotta d’invasione composta da piccole imbarcazioni. Napoleone cominciò a radunare un esercito.
La simulata operazione contro l’Egitto non venne mai attuata, ma Napoleone riuscì a ottenere il controllo dei porti europei: la Francia occupò i Paesi Bassi, impadronendosi della flotta olandese, e si alleò con la Spagna, riuscendo così a tenere sotto sorveglianza tutti gli scali marittimi, dalla costa olandeIn tal modo, Napoleone si trovò a poter disporre di un gran numero di navi; il problema, però, era radunarle. La risposta inglese all’occupazione dei porti europei da parte di Napoleone fu quella di istituire blocchi navali.se sul Mare del Nord al confine italo-francese.

Nonostante la tregua di Amiens fosse terminata nel maggio del 1803 , non vi furono scontri degni di nota fino al- la primavera de11804. Napoleone continuava ad ammassare truppe sulla costa per l’invasione, e l’Inghilterra rispose portando il suo esercito a oltre mezzo mi- lione di uomini, quasi un ventesimo della popolazione del Paese.

Finalmente, nel maggio de11805, Napoleone prese l’iniziativa, ordinando all’arnrniraglio P.CJ.B.S. Villeneuve di uscire a forza dal porto di Tolone e dirigersi rapida- mente verso le isole francesi nelle Indie Occidentali, dove; si sarebbe riunito con il commodoro H onore Ganteaume, che doveva sfuggire al blocco di Brest: insieme, avrebbero attaccato per due mesi i possedimenti inglesi nei Caraibi, per poi tornare in Europa.

Sarebbero stati abbastanza forti da farsi strada attraverso qualsiasi blocco navale, liberando così altre navi e formando una flotta enorme e quasi certamente invincibile, in grado di proteggere il previsto attraversamento della Manica e, si sperava, sconfiggere la Royal Navy in battaglia. Nelson, che si trovava momentaneamente lontano da Tolone, venne a sapere della fuga di Villeneuve e pensando che questi fosse diretto in Egitto, salpò per Alessandria, ma non trovò francesi.
Fece vela allora per le Indie Occidentali, dove informazioni errate dei servizi segreti lo portarono a compiere un’inutile incursione a Trinidad. Nelson e Villeneuve trascorsero buona parte dell’estate navigando su e giù per l’ Atlantico, senza mai sapere con esattezza dove fosse l’altro o dove si dirigesse.
In agosto, Nelson tornò in Inghilterra e, il 14 settembre, riprese il mare a bordo della sua nave ammiraglia Victory.


Era giunta notizia che Villeneuve aveva raccolto rinforzi, salpando per il porto spagnolo di Cadice: qui il 28 settembre, Nelson raggiunse il grosso della flotta inglese, che avrebbe dovuto comandare nell’imminente battaglia.
Egli lasciò alcune navi nelle vicinanze di Cadice per spiare le mosse della flotta franco -spagnola e si portò con il resto della squadra oltre l’orizzonte.

Nelson trascorse le settimane successive ad attendere che Villeneuve si muovesse e dando istruzioni tattiche ai suoi capitani, introducendo un nuovo tipo di battaglia navale che si distaccava dalla tradizionale manovra in cui ci si allineava parallelamente al nemico e si sparava a raffica: egli propose, invece, di ripartire le navi su tre colonne che si sarebbero avvicinate perpendicolarmente allo schieramento avversario.
Loro obiettivo era quello di penetrare attraverso la linea dei vascelli franco-spagnoli, separandoli in piccoli gruppi impossibilitati ad appoggiarsi a vicenda; quindi, ogni nave inglese avrebbe dovuto impegnare in combattimento singolo il nemico più prossimo.
Nelson contava sulla propria superiorità di manovra, la perizia dei capitani e la disciplina e precisione dei cannonieri: riuscendo a rompere la formazione degli avversari, era sicuro che i loro capitani non sarebbero riusciti ad adattarsi al concetto di azioni nave contro nave.
Il 19 ottobre, quando scivolò fuori da Cadice, Villeneuve non stava in realtà cercando la battaglia, ma semplicemente tentando di attraversare lo stretto di Gibilterra per tornare a Tolone.
Si diresse a sud, con Nelson che gli tenne dietro per tutto il 19 e il 20 ottobre, ma ebbe difficoltà a mantenere le navi di retroguardia in ordine di combattimento.
La mattina del 21 ottobre, la flotta di Nelson aveva ormai raggiunto quella di Villeneuve, giungendo in vi- sta assai prima che apparisse Gibilterra.
Il vento soffiava forte da nord-ovest, alle spalle di Nelson, quando egli vide Villeneuve invertire la rotta per cercare di tornare a Cadice, piuttosto che raggiungere Gibilterra.
Allargo di capo Trafalgar, Nelson dispose le navi su due colonne, invece che su tre; quindi, si ritirò in cabina, dove venne notato trascrivere una preghiera sul suo diario.
Quando tornò sul ponte di coperta, fece trasmettere un messaggio con le bandiere da segnalazione: «L’Inghilterra si aspetta che ogni uo- mo compia il proprio dovere». Non tutte le navi inglesi lo ricevettero, oppure non vi fecero caso, pensando che si trattasse probabilmente della ripetizione degli ordini che tutti conoscevano a memoria.
A bordo della Victory , Nelson guidò la colonna di sinistra, mentre al comando dell’altra si trovava il viceammiraglio Cuthbert Collingwood.
La battaglia cominciò verso mezzogiorno del 21 ottobre. La prima a impegnarsi fu la nave di Collingwood, la Royal Sovereign, e ben presto la colonna di destra tagliò a metà lo schieramento franco-spagnolo.
All’una del pomeriggio, anche la Victory entrò in combattimento.
Il piano di Nelson si dimostrò un successo: le navi francesi di testa non poterono avvicinarsi per soccorrere quelle ri- maste indietro, mentre gli aggressivi capitani inglesi sferravano i loro attacchi sui frastornati e ormai numericamente inferiori capitani nemici.
In breve, la flotta frailco-spagnola cadde nella confusione più totale.


La nave Redoubtable attaccò la Victory, ottenendo l’unico risultato significativo conseguito quel giorno dai francesi: uno dei suoi tiratori scelti colpì Nelson.
La pallottola gli entrò dalla spalla e raggiunse la spina dorsale; con il viso coperto da un panno, così che l’equipaggio non potesse vedere chi era il ferito, venne trasportato sottocoperta, dove rimase agonizzante per tre ore, senza che i chirurghi potessero fare nulla.
Attese la notizia della vittoria inglese, che giunse a metà del pomeriggio.
Sul giornale di bordo venne registrato: «Si è continuato a sparare a fuoco ridotto fino alle 16,30, quando è stata data notizia della vittoria al molto onorevole Lord visconte Nelson, Cavaliere dell’Ordine del Bagno e comandante in capo, morto poco dopo per la ferita riportata».