I nomi degli Eroi di Campaldino – II parte – M- Giuliani
25 Ottobre 2007I Tormenta
26 Ottobre 2007Tra queste occorre rammentare certamente il Lupo e, sua variante diminuita il Cane,; l’Orso, che fu cimiero degli Orsini romani e dei Bardi fiorentini; il Cinghiale, arma ricorrente sulle insegne dei Cancellieri di Pistoia; il Becco, o montone, arma tipica delle corporazioni di Beccai (oggi macellai) che gran forza ebbero nelle antiche città italiane. Prendendo spunto dal Becco vorrei iniziare da questo articolo un rapido excursus sull’araldica cittadina, iniziando da Roma.
L’Italia, tra i tanti luoghi comuni, passa anche come il paese delle Città, e certamente più di cento sono le città italiane che possono vantare, nel loro medievale passato, insegne, stemmi, bandiere e gonfaloni issati sulle schiere degli eserciti comunali. Ogni città italiana aveva infatti una propria insegna, originata spesso da consuetudini antichissime, alcune risalenti all’età romana. Molto spesso le insegne comunali italiane dei primi secoli del medioevo furono assai semplici. Spesso una sola campitura di colore: per esempio il vexillum sanguinolentum di Pisa, interamente rosso.
Roma medievale, negli infiniti rivolgimenti politici che la videro protagonista nei secoli, innalzò il vessillo rosso con la scritta S.P.Q.R. a oro (Senatus Popolusque Romanus), recante nel cantone destro dello scudo una crocetta, pure d’oro. Il romano moderno lo conosce come stemma dell’Atac, ma questo è proprio un esempio di come gli antichi simboli urbani si tramandino, nonostante il passare del tempo.
Una città medievale, come Firenze, Venezia, Milano, Pisa, Roma e altre cento, era divisa al suo interno in regioni urbane, che potevano chiamarsi terzieri, quartieri, sestieri, e dividersi a loro volta in gonfaloni, contrade, rioni. Ognuna di queste entità aveva una sua insegna, così la città di Firenze ebbe il Gonfalone del Comune (partito di argento e di rosso), le insegne dei suoi 6 Sestieri (con bandiere di sestiere e bandiere di cavalleria), le circa 20 altre bandiere delle fanterie levate dai gonfaloni, cioè le aggregazioni urbane più piccole che facevano capo a una o più parrocchie. Il meccanismo può apparire complicato, ma per un romano di oggi, basti pensare ai 13 Rioni del centro storico: Monti, Colonna, Campo Marzio, Ponte, Pigna etc.
Occorre immaginare infatti che, quando il Comune di Roma marciava in guerra contro il Comune di Viterbo, oppure andava a fare oste contro la città di Corneto, oggi più famosa come Tarquinia, le schiere di cavalleria e le masse di fanteria dei cittadini romani erano precedute dalle loro bandiere di guerra, su cui sventolava più alta di tutte l’insegna del Comune, seguita da quella Chiesa se in quel momento storico il Papa aveva autorità e potere sul Comune.
Quando nel 1347, Cola di Rienzo riuscì a prendere il potere nel suo curioso tentativo di rivoluzione, organizzò immediatamente una sua forza militare basata su 13 rioni urbani, ognuno dei quali aveva una bandiera di 25 cavalieri e 100 fanti.
Cavalleria
I soldati a cavallo erano 360, circa 25 uomini per rione, più i capitani di venticinquina; la venticinquina era la tipica unità tattica organizzativa del Duecento e Trecento italiano, la si trova in Toscana e Lombardia negli ordinamenti militari dei comuni dell’Italia centro-settentrionale.
“Allora ordinao la milizia delli cavalieri de Roma per questo ordine. Per ciasche rione de Roma ordinao pedoni e cavalieri trenta, e deoli suollo. Ciasche cavalieri aveva destrieri e ronzino, cavalli copertati, arme adornate nove. Bene pargo baroni. Anco ordinao li pedoni puro adorni, e deoli li confalloni secunno li segnali delli rioni, e deolli suollo. E commannao che fussino priesti ad onne suono de campana e facesseli iurare fidelitate. Fuoro pedoni MCCC, li cavalieri CCCLX, elietti iovini, mastri de guerra, bene armati.”
Ogni uomo a cavallo, doveva avere destriero e ronzino, ovvero il cavallo maschio da battaglia e un ronzino, altro cavallo di qualità inferiore usato per trasportare l’equipaggiamento e come cavallo di scorta. Il destriero era covertato, cioè coperto da una protezione di cuoio cotto, oppure stoffa pesante imbottita e trapuntata. La coverta poteva essere nei suoi colori naturali, oppure decorata con strisce di tessuto cucite e dipinte, a rappresentare figure araldiche. Il cronista anonimo commentava che parevano “baroni”, nel senso di gran signori e cavalieri.
Fanteria
I fanti romani del 1347, erano 1300, una centuria per rione; costoro portavano come arma difensiva il pavese, grosso scudo da fanteria del valore di 5 carlini d’argento, sul quale con molta probabilità era dipinto lo stemma del Rione di appartenenza del fante.
Alla testa di ogni centuria era il gonfalone del Rione e gli stemmi dei 13 Rioni romani erano abbastanza semplici, simili ma non uguali a quelli che ancora oggi contraddistinguono, scolpiti in pietra agli angoli delle strade centrali, i confini dei Rioni romani.
I Gonfaloni dei 13 rioni di Roma
Non è facile ricostruire i colori e le figure di queste antiche bandiere romane, alcune diverse da quelle odierne: S.Angelo è oggi arme parlante con la figura dell’Angelo, mentre il rione Colonna porta l’arme della famiglia Colonna, di rosso alla colonna d’argento. Borgo è stato aggiunto nel 1586 e per stemma ha l’arme di papa Sisto V con un leone.
Monti: d’argento ai 3 monti verdi di 3 cime, posti 2,1.
Colonna: palato di 3, d’argento e rosso.
Campo Marzio: d’argento al crescente.
Ponte: di rosso al ponte.
Pigna: di rosso alla pigna.
Sant’Angelo: d’argento al pesce posto in banda.
Trevi: d’argento alle 3 spade poste in banda.
Regola: d’oro al cervo saliente al naturale.
Parione: d’argento al grifone rampante di rosso.
Trastevere: di rosso alla testa di leone linguata, al naturale.
Sant’Eustachio: di rosso alla testa del Santo, tra due rami di cervo.
Campitelli: testa di leone o drago?
Ripa: d’argento alla ruota.
Vale la pena, a questo punto, riportare le parole dell’anonimo romano, che ci ha lasciato le descrizioni dello stendardo di Cola di Rienzo e dei 4 gonfaloni che precedevano la milizia urbana romana del 1347.
Stendardo di Cola di Rienzo
“Po’ esso immediate veniva Cecco de Alesso e portavali sopre capo una stennardo a muodo regale; in quello stennardo era lo campo de bianco; in mieso staieva uno sole de aoro splennente e atorno staievano le stelle de ariento. In capo dello stennardo era una palomma bianca d’ariento, la quale portava in vocca una corona de oliva.”
La bandiera descritta dall’anonimo era d’argento al sole in splendore d’oro, il campo seminato di stelle d’argento .
Dalla descrizione non è chiaro se lo stendardo di Cola avesse anche un capo: la colomba con il ramoscello di ulivo, oppure se questa figura fosse una scultura issata sulla punta dell’asta dello stendardo.
Così era accompagnato da “Li cento iurati armati da pede armati dello rione della Regola”, uomini giurati e armati da fanti, tutti del rione Regola.
“Dallo lato ritto e mano manca aveva con seco de pede cinquanta vassalli de Vitorchiano, li fideli, colli sbiedi in mano. Bene parevano orzi vestuti e armati”.
Vitorchiano è un paese vicino a Viterbo, vassallo del Comune di Roma fino dal XII secolo, che il cronista ci descrive con vivacità, presentando la cinquantina di fanti fedeli come simili a orsi nell’aspetto, oggi diremmo irsuti, e armati, nella fattispecie di spiedi, arma comune nelle fanterie medievali italiane, una sorta di lungo spuntone di ferro, utile nella caccia al cinghiale, similissimo agli spiedi che si vedono oggi nelle rosticcerie, con galletti e tordi infilzati.
La cinquantina di Vitorchiano fu un tipico esempio di servitù militare dell’epoca, comune a vari piccoli centri italiani, che dovevano mandare un reparto di armati all’esercito della città dominante. I Fedeli di Vitorchiano scortavano lo stendardo di Cola “a muodo regale” , una bandiera come quelle che denotavano i Re.
Gonfalone della Libertà, o di Roma
“Lo primo confallone fu grannissimo, roscio, con lettere de aoro, nello quale staieva Roma e sedeva in doi lioni, in mano teneva lo munno e la palma. Questo era lo confallone della libertate. Cola Guallato, lo buono dicitore, lo portava”.
In linguaggio araldico moderno potremmo tradurre: di rosso alla figura di Roma in maestà posta tra due leoni affrontati, tenente Roma il globo imperiale e la palma al naturale. Porta bandiera fu Cola Guallato, lo buono dicitore.
Gonfalone della giustizia, o di San Paolo
“Lo secunno era bianco nello quale staieva santo Pavolo colla spada in mano, colla corona della iustizia. Questo portava Stefanello, ditto Magnacuccia, notaro”.
D’argento alla figura di San Paolo incoronato, tenente la spada nella mano dritta, al naturale.
Gonfalone della Pace o di San Pietro
“Nello terzo staieva Santo Pietro colli chiavi della concordia e della pace”.
Di questo terzo Gonfalone il cronista non ci da il colore del campo per cui la descrizione araldica moderna potrebbe essere la seguente:
Campo ignoto, alla figura di San Pietro tenente la chiavi al naturale
Gonfalone di San Giorgio, cavaliere
“Anco portava un altro lo confallone lo quale fu de santo Iuorio cavalieri. Perché era veterano fu portato in una cassetta su in una asta”
Anche di questa bandiera, vecchia e lacera già al tempo di Cola di Rienzo e quindi “antica”, non ci vengono tramandati i colori, comunque possiamo immaginarla come una delle bandiere che si vedono negli affreschi trecenteschi di cui la chiese d’Italia sono piene. Il drappo poteva essere al naturale, cioè campo bianco, e la figura di San Giorgio dipinta direttamente sulla stoffa del drappo, a cavallo, armato come un cavaliere contemporaneo, con i colori simili a quelli che si vedono nelle immagini sacre coeve. La forma dei gonfaloni poteva essere simile a quelle che ancora oggi vengono portati in processioni nelle cerimonie religiose del culto cattolico, oppure ai gonfaloni dei moderni comuni italiani. Le bandiere medievali non sono facili da ricostruire nella loro forma; affreschi toscani del XIV secolo mostrano bandiere inastate sulla lancia per il lato corto del drappo, questo di forma rettangolare, che termina sfrangiato in tre o quattro code anch’esse rettangolari. Altre immagini mostrano le bandiere portate da cavalieri, dove il drappo è inastato alla lancia dal lato più lungo, senza sfrangiature. Così per esempio nel Quattrocento erano i palii usati in Toscana. Il palio di Siena ne ricorda ancora il nome.
Queste furono le bandiere che sventolavano sulle testa dei romani alla metà del Trecento, come si vede alcuni campi sono incerti, di alcune figure non è certo il colore, anche se in questi casi si devono intendere sempre al naturale, cioè nel colore che quelle figure hanno in natura; il pesce azzurro o verde, le spade azzurrate, il ponte disegnato come un ponte reale, la pigna verde, la testa del leone di colore fulvo, così come sono i leoni veri.
Sempre nel 1347, all’inizio dell’estate, Cola di Rienzo organizzò una spedizione militare dei romani contro il prefetto Giovanni Di Vico, singolare figura di signorotto feudale che imperversava nelle vaste regioni poste ai lati della via Cassia.